Il paesaggio è tornato

Il paesaggio è tornato

Ritorno di Paesaggio

Sant’Andrea di Conza, domenica 20 ottobre 2019.

Il paesaggio è tornato
Il paesaggio è tornato
Ma di quale paesaggio si sta parlando? Il solito panorama da cartolina? Lo scorcio suggestivo che si può cogliere da una qualunque montagna irpina? Le nostre ridenti colline intrise di amarezza e nostalgia? No, non è questo il paesaggio che descrive magistralmente da diversi punti di vista il professor Ugo Morelli, non è il concetto che rincorre a perdifiato l’architetto Mario Pagliaro, non è la spettacolare cornice del nostro essere-al-mondo. Il paesaggio è un modo di vivere, di concepire, di vedere le cose e di vedersi nelle cose. Un atto poietico e autopoietico con sfumature poetiche ed esistenziali. Il paesaggio assomiglia a Dio e a ognuno di noi, si umanizza nell’Eroico Furore di Giordano Bruno e ha il sapore del Conatus di Baruch Spinoza, è per sua natura sinestetico e assume diverse parvenze nella parabola spazio temporale.
A Sant’Andrea di Conza, il 20 ottobre 2019, si è tenuta l’ennesima giornata epifanica, in cui grandissimi professionisti provenienti dai campi più disparati hanno gustato insieme all’ospitante e onnipresente Pro Loco Terra di Sant’Andrea delle magnifiche pietanze (cucinate, come al solito in maniera egregia, da Teresa Giraulo e servite dal suo professionale staff) e hanno analizzato le problematiche e le risorse del nostro territorio proponendo un punto di vista originale e innovativo. Ci si chiede cosa si possa fare in Irpinia per rimettere in moto i nostri ingranaggi un po’ inceppati e scongiurare un destino di rovina ormai paventato da anni. Innanzitutto l’antidoto al veleno di un inarrestabile declino è un cambio di prospettiva. Sia nell’incontro alla ex fornace che nella presentazione del libro “Il paesaggio irpino, oltre la terra del rimorso” (di Claudio Bruno, Ugo Morelli, Mario Pagliaro, Generoso Picone e con le foto di Federico Iadarola e Marco Memoli) si è parlato di questo.
Il professor Ugo Morelli, con il suo irresistibile aplomb e la sua inesauribile verve intellettuale, è riuscito a catturare il pubblico eterogeneo e a far passare un messaggio vitale per chi abita le nostre zone. Innanzitutto si parte dal presupposto che il paesaggio sia capace di restituire all’uomo la propria intrinseca libertà: ciò accade grazie all’immaginazione, una prerogativa dell’essere umano che crea infiniti scenari possibili e guida le azioni in vista di un obiettivo futuro. La fondamentale capacità immaginativa si sviluppa solo ed esclusivamente da rapporti di interscambio con il paesaggio, da dinamiche proiettive e introiettive, da un imprescindibile connubio tra individuo e ambiente. Quando ci si rapporta a questa tematica, tuttavia, bisogna tener presente che la realtà non è oggettiva e concreta, ma è una vera e propria creazione del cervello umano che segue il principio di utilità e seleziona attivamente i significati multistratificati del paesaggio. È il concetto di “affordances” di Gibson, l’intenzionalità di Brentano, la “cosa- per” (Wozuding) di Schapp: le cose del mondo esistono solo in base alla loro disponibilità per l’essere umano. Quindi un bicchiere non è un bicchiere-in-sé, ma il dispositivo che ci permette di soddisfare la nostra sete, il gesto del bere. Il mondo, sotto questa prospettiva psicologico-filosofica, è una molteplicità di punti di vista che illuminano la realtà da prospettive uniche e irrimediabilmente differenti tra loro (Deleuze, Merleau – Ponty). Qui il paesaggio si pone quasi come arbitro, come retroterra comune su cui instaurare un dialogo, un confronto. In esso percezione, azione e narrazione coincidono. Il confine sé-altro salta e ci si ritrova immersi in un etere onirico dove l’unità corpo-mente si amalgama con la terra, il cielo, la luce, le ombre, la notte e il giorno. Si diventa paesaggio. Nella “magia” che, così, sperimentiamo ogni giorno si può navigare, si può fluttuare, ci si può immergere, ma si corrono anche dei rischi da cui nessuno è esente: il primo e il più grave di tutti è cedere al “Senso Comune”. Si rimane passivi e soggiogati da questa condizione, ci si crogiola in una dimensione atemporale e ancestrale, il corpo-mondo si trasforma in una palude e si viene inghiottiti dalle sabbie mobili della nostalgia. Così ci si ferma a contemplare le “bellezze” del nostro paesaggio (che ora diventa un “non- paesaggio”), ci si blocca in una spirale viziosa. È a tal punto che diventa cruciale rispolverare la propria indole guerriera; non bisogna lasciarsi sconfiggere da questo lascivo torpore, ma ci si deve armare di una potenza romantica, far scorrere dentro di sé una primordiale Sensucht e svegliarsi. Solo così si può diventare consapevoli della pars destruens del Senso Comune, lo si può criticare e distaccarsi da esso in una operazione di epochè di matrice fenomenologica. Solo seguendo tali direttive si può riacquistare una libertà offuscata, si può ritornare a progettare, si può alzare di nuovo la testa e guardare al futuro. L’epoca migliore è proprio quella in cui si vive!
Proprio questo è l’obiettivo della Scuola di Paesaggio che verrà istituita a Sant’Andrea di Conza: scardinare un dannoso modo di accostarsi al paesaggio, visto come un dispositivo al servizio dell’essere umano o solo come fonte di vacua ispirazione fine a sé stessa e far rinascere l’ardore della scoperta, della fiducia e della condivisione negli individui. Gli alunni della scuola saranno addestrati, in un percorso eroico e lungimirante, ad essere dei “corpi inclusi nel paesaggio”.

Francesco Iannicelli
Consiglio Direttivo Pro Loco Terra di Sant’Andrea


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